La favola di Harap-Alb – frammento ( in Raccolte per te – volume primo)
“Il principe, ricevendo la lettera, chiamò subito tutti e tre i figli davanti a sé e disse loro:
– Ecco cosa scrive mio fratello e vostro zio. Chi di voi si sente tanto forte per regnare in un paese così grande e ricco, come quello, ha il mio permesso di andare, per soddisfare l’ultimo desiderio di vostro zio.
Allora, il fratello maggiore prese coraggio e disse:
– Padre, credo di meritare io questo onore, perché sono il più grande tra i fratelli; perciò, ti prego di darmi i soldi per le spese, vestiti adatti, armi e cavallo, per andare senza perdere tempo.
– Bene, figlio mio, se pensi di poter arrivare fino là e se pensi di essere capace di regnare sugli altri, scegliti il cavallo che più ti piace, prendi quanti soldi ti servono, i vestiti che ti piacciono, le armi che credi ti saranno utili e vai in pace, figlio mio.
Allora il figlio del principe prese quello che gli serviva, baciò le mani a suo padre, ricevendo una lettera di accompagnamento per l’imperatore, salutò i suoi fratelli, poi cavalcò allegramente verso il regno.
Il principe però volendo metterlo alla prova, stette zitto e, al cadere della sera, si nascose sotto una pelliccia d’orso, cavalcò velocemente su un’altra strada in modo da precederlo, e lo aspettò di nascosto sotto un ponte. Quando il figlio passò di là vide un orso andargli incontro. Allora il cavallo iniziò a saltare su due zampe, spaventato e nitrendo, quasi quasi a buttare giù il suo cavaliere. Il figlio del principe, non potendo più badare al suo cavallo e non avendo il coraggio di procedere, tornò vergognandosi da suo padre. Quando tornò al castello, il principe liberò il cavallo, nascose la pelliccia dell’orso e aspettò tornare suo figlio. Ed ecco che lo vide arrivare veloce, ma non così allegro come se ne era andato.
– Ma cosa hai dimenticato, figlio mio, perché sei tornato? chiese il principe meravigliato. Questo non è buon segno, per quanto io ne sappia.
– Di dimenticare, non ho dimenticato nulla, padre, ma vedi, vicino ad un ponte, mi è spuntato davanti un orso feroce, che mi ha fatto tanto spaventare. A malapena sono riuscito a salvarmi dai suoi artigli e ho scelto di tornare piuttosto che essere cibo per le bestie selvatiche. E, d’ora in poi, da parte mia, può andare chi vuole, perché a me non serve più né un regno né nient’altro; non vivrò in eterno, per ereditare la Terra.
– Questa l’hai detta giusta, figlio mio. Si vede che tu né sei imperatore, né il regnare fa per te; piuttosto di stare fra i piedi degli altri, meglio stare lontano, come dici, che, pietà del Signore: “il lago manca, che le rane sono tante!”. Solo vorrei sapere, come si rimane con tuo zio? E così che siamo intrappolati nella debolezza?
– Padre, disse allora il figlio medio, vado io, se vuoi.
– Hai il mio permesso, figlio mio, ma grande cosa sarebbe non scappare pure te dalla strada. Sai, ti può uscire davanti un coniglio o qualcosa… e hop! mi troverò con te a casa come tuo fratello e poi la tua vergogna non sarà poca. Ma dai, prova anche tu, vediamo se avrai più fortuna. Come si dice: “ognuno per sé, produttore di pane è”. Se riuscirai, bene, sennò ti succederà la stessa cosa degli altri coraggiosi come te…
Allora il figlio medio, preparando tutto il necessario e ricevendo anche lui la lettera da suo padre per l’imperatore, salutò i fratelli e il giorno seguente partì. E camminò e camminò, finché si fece buio per bene. Arrivato al ponte, ecco l’orso: mrr! mrr! mrr! Il cavallo iniziò a nitrire, saltò su due zampe e tornò indietro. Il figlio del principe, vedendo che la situazione era seria, rinunciò anche lui al regno e con tanta vergogna tornò da suo padre. Il principe, vedendolo, disse:
– Eh, figlio mio, così è vero il detto: “difendimi dalle galline, che dei cani non ho paura”.
-Che parole sono queste, padre?! disse lui vergognandosi; tu chiami gli orsi galline? Ora credo a mio fratello, perché un orso così un’intera armata non può batterlo… Mi meraviglio che sono ancora in vita; rinuncio al regno e a tutto il resto, poiché, grazie a Dio, ho da mangiare nella tua casa.
– Che tu abbia da mangiare è un bene, ma non è questo il punto, figlio mio, disse il principe amareggiato, allora ditemi: la vergogna dove la mettete? Tra tutti e tre figli quanti ne ha un padre, tutti sono buoni a nulla?! Allora, sinceramente parlando, mangiate inutilmente, cari miei… Andare avanti solo così tagliando l’erba ai cani per tutta la vostra vita e lodandovi che siete figli del principe, questo non fa odore per un naso umano… Come vedo, mio fratello può dormire sonni tranquilli con voi; con la Santa Pazienza si esaudirà il suo desiderio. E che bravi nipoti che ha! Come il detto: “alle focacce avanti e alla guerra, indietro”.
Il figlio piccolo del principe, arrossendo, uscì fuori nel giardino e piangendo col cuore, si sentì ferito nel suo profondo dalle pesanti parole di suo padre. Mentre stava così male e non capiva come fare per cancellare la vergogna, ecco che si trovò davanti un vecchia ingobbita dalla vecchiaia che chiedeva elemosina.”